“Io vidi Hitler!”

“Hitler è senza forma, quasi senza connotati, un uomo il cui aspetto è caricaturale, un uomo la cui struttura sembra cartilaginea, senza ossa. È incongruente e volubile, mal disposto e insicuro. È esattamente il prototipo dell’Uomo Piccolo. Un ciuffo di capelli senza vita gli cade su una fronte insignificante e leggermente retrocedente. Il suo naso è largo, ma senza carattere e con una brutta forma. I suoi movimenti sono goffi, poco dignitosi e poco marziali. […] Solo gli occhi sono degni di nota. Di un grigio scuro e ipertiroidei – hanno il peculiare scintillio che spesso distingue i geni, gli alcolizzati e gli isterici. C’è qualcosa di fastidiosamente raffinato in lui. Scommetto che piega il mignolo all’insù quando beve il tè.”

Queste parole sferzanti, questo giudizio senza appello sono di Dorothy Thompson una delle prime donne corrispondenti a diventare famose nella storia del giornalismo. L’uomo così irrimediabilmente bollato è Adolf Hitler.

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Verso la fine degli anni Venti anche grazie agli effetti negativi della Grande Depressione che colpirà prima l’America e poi il resto del mondo, il partito nazionalsocialista fa un grande balzo in avanti.

Finalmente la Thompson riesce ad ottenere un intervista con Hitler nel novembre del 1931. Fatta l’intervista per «Cosmopolitan», approfittò fino in fondo dell’opportunità e pubblicò un libro intitolato “I Saw Hitler!” (Ho visto Hitler!). Al momento della sua pubblicazione, nel 1932, Hitler e la Germania erano centro dell’attenzione della politica europea ed internazionale e questo favorì le vendite del volumetto.

La Thompson però divulgò un clamoroso errore di giudizio su Hitler

Rischiò di macchiare la sua brillante carriera. In sostanza la giornalista riteneva incapace Hitler di instaurare una vera dittatura nel suo paese, così scrive in un passo del suo libro:

“Quando entrai finalmente nel salotto di Adolf Hitler nel Kaiserhof Hotel, ero certa di stare per incontrare il futuro dittatore della Germania”, scrisse. “Ma in poco meno di cinquanta secondi, invece, ero abbastanza sicura che non fosse così. Mi era bastato quel breve lasso di tempo per rendermi conto dell’incredibile insignificanza dell’uomo che ha messo l’ansia al mondo”.

Rincarando la dose Dorothy Thompson scrisse come fosse improbabile che Hitler arrivasse al potere e anche se lo avesse fatto, “impressionerebbe solo il più debole dei suoi avversari”. Nel 1933 i nazisti prendevano il potere, trasformando la Germania in pochi mesi in uno stato totalitario.

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La Thompson tornò in Germania subito dopo la presa del potere nazista e si riscattò del suo clamoroso errore di giudizio scrivendo articoli infuocati contro i nazisti al punto da essere espulsa dal paese nell’agosto del 1934. Dopo lo scoppio della guerra fu un’accanita sostenitrice della necessità che l’America si schierasse a fianco della Gran Bretagna contro l’aggressione nazista.

Divenne l’alfiere più intransigente a favore dell’approvazione della legge Affitti e Prestiti, il primo passo per un effettivo coinvolgimento degli Stati Uniti nel conflitto mondiale. Dorothy Thompson bollò senza appello la Germania nazista affermando che al posto della nazione tedesca c’era adesso “una razza di persone non più unita da uno Stato… ma una tribù unificata da una chiesa secolare, un ordine religioso pagano, il Partito nazista”, che cercavano di sottomettere l’intero mondo libero.

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Dal 1936 la Thompson tenne una popolare rubrica sul New York Tribune per il quale scrisse circa 170 articoli letti da oltre 10 milioni di persone. Morirà nel 1961, all’età di 67 anni a Lisbona, in Portogallo.