CAPENA – Le Origini della via Flaminia

Nell’archivio di Capena (Leprignano) il Canonico Antonio Degli Effetti trovò, come ne fanno menzione le bolle Cassinensi nella lite del <<Ius Coloniae>> fra detta Comunità e il Monastero di S.Paolo, che Leprignano era composto del Castello di Vaccareccia e di quattro Colonie che in seguito furono chiamate Tenute che erano: Civitucola, Fiore, la Pliniana (fundum Apronianum) da cui, come accenna il Borghino nei discorsi della Toscana, derivò il nome di Leprignano; e la Colonia dei Sassoni » che è la parte confinante con Castelnuovo e cosi detta per essere quel territorio stato assegnato ad una Legione di soldati provenienti dalla Germania o dalla Britannia le cui popolazioni sono di razza Sàssone.
In conseguenza delle incursioni barbariche, rimase distrutto il Castello di Vaccareccia e venivano devastate le Colonie,sicché gli scarsi abitanti rimasti, si ridussero ad abitare sulle pendici meridionali di una collina, detta Monte Proveto, dove sorse l’attuale paese.

Circondata da colline in maggior parte coltivate a vigna o ad uliveti, poggia sopra un masso tufaceo taglia-
to a picco nel quale, in da tempo remotissimo, pare siano state scavate delle grotte e colombari che indurrebbero ad ammettere la vicinanza di un antico centro.
Nel 1074 appartenevano al monastero di S. Paolo col nomedi Castrum Lepronianum. Il detto monastero lo ritenne per lungo tempo e ancor oggi, ecclesiasticamente parlando, ne esercita la giurisdizione.
Fra le opere d’arte che meritano di essere ricordate, ci sono due antiche pitture che si trovano nella chiesa parrocchiale dedicata a S. Michele; una è di Antonio da Viterbo, del I400 circa, l’altra di autore incerto, è del 1500. Un bellissimo trittico della scuola Umbra, di provenienza ignota, si può osservare nel Palazzo Abbaziale: esso rappresenta l’Annunciazione. Nel Palazzo Abbaziale sono conservati degli oggetti antichi scavati nei dintorni, meritevole di menzione la vecchia chiesa del pubblico cimitero che è dedicata a S. Leone e la cui costruzione risale all’ XI secolo. Nell’ abside di questa chiesa si conservano degli affreschi che posteriormente ritoccati.  Ma la cosa più pregevole che può attirare l’attenzione del visitatore è la transenna di marmo in forma di alto cancello. Ha la base tutta decorata di rami lavorati in bassorilievo e su questa base si innalzano snelle le colonnine che sostengono l’architrave il quale al centro è ad arco mentre ai lati è rettilineo. Nella sagrestia sono adunati diversi frammenti che potrebbero far supporre essere stata la chiesa costruita con le rovine di una vicina antica città.
In quelle vicinanze nel 1864 tu scoperta una necropoli etrusca e negli anni 50 con degli scavi, sono stati rinvenuti parecchi oggetti sepolcrali che sono erano stati ordinati e riuniti in una sala del palazzo comunale e costituivano un piccolo museo. Oggi il nuovo museo si trova alle porte del paese ed è stato arricchito con nuovi ritrovamenti numerosi. La località dove sono stati eseguiti i primi scavi  si trova fra il territorio di Capena (Leprignano) e di Castelnuovo di Porto ed è chiamata Monte Tufello.
Ma rinvenimenti più importanti sono stati effettuati sul Monte Civitucola, detto anche Castellaccio. Rimasugli di antiche mura, sotterranei, pozzi, pietre squadrate, traccie di antiche strade, sepolcri, marmi e rottami di pietre d ogni genere sono venuti alla luce. Tali ritrovamenti indussero qualcuno a ritenere
che su quel colle fosse esistita antica città etrusca di Capena. Si giunse senz’altro ad affermare che alcuni piedistalli, notevoli per mole, e delle iscrizioni rinvenute intorno al Castellaccio, dalla parte del fosso di S. Martino, costituivano sicuramente un luogo pubblico, e forse l’opera principale alla quale facevano
corona i monumenti eretti in onore degli uomini illustri e dei benemeriti della Confederazione Capenate. E si concluse affermando: questo era il foro della Città Capena!
L’illustre archeologo G. Battista De Rossi fin dal 1882 studio quella zona, esplorò i misteri  sepolti, meditò, col suo profondo intuito, su quei ruderi e su quelle iscrizioni e, da profondo conoscitore delle sepolte vicende delle antiche genti, affermò, con prove inconfutabili, che su quel posto non fu il foro di Capena, bensi il tempio della Dea Feronia!
Su quei piedistalli, notevoli per mole, dunque, si ergevano le robuste colonne del tempio; le iscrizioni rinvenute, afferma il De Rossi, non sono che i frantumi dei fasti, scritti sulle pareti del tempio presso il quale vennero eretti anche monumenti in onore degli uomini illustri e benemeriti della Confederazione
Capenate. Ma c’è ancora una cosa che dà ancor più ragione, se ce ne fosse bisogno, alle deduzioni dell’illustre Archeologo De Rossi:

il rinvenimento di una lapide di marmo con la scritta: PORTA CAPENAE  infatti non poteva mancare alla città di Feronia la porta dalla quale usciva la via che dirigendosi verso l’odierna Civitella S. Paolo, conduceva a piedi del Soratte per salire poi a Capena (odierno S. Oreste). Si è mai veduto una porta di città portare il nome della città stessa? Nell’antica Pompei troviamo Porta Nola dalla quale cominciava la strada che conduceva alla città omonima; e così: Porta Stabiana, Porta Ercolanense. Che l’antica Capena avesse avuto la Porta Capena, sarebbe stato assurdo. Dobbiamo concludere,col celebre archeologo De Rossi che sul colle Civitucola sorgeva il tempio e la città di Feronia, confederata a Capena.

CIVITUCOLA

Con questo nome venivano anticamente designate due località diverse: 1 una si riferiva alla moderna Civitella S. Paolo. l’altra ad un colle isolato, di forma allungata ed arcuata, che si trova al vertice di un angolo i cui lati, lunghi circa km. 4 e mezzo, partono rispettivamente uno da Capena (Leprignano) e l’altro da Morlupo. Come il Degli Effetti vorrebbe l’antica Capena situata a Civitella S. Paolo, così vorrebbero che la metropoli dei Capenati sorgesse sul colle Civitucola. Ma l’illustre archeologo romano G. B. De Rossi, non esita a collocare l’antica Capena sul Soratte, sul luogo stesso dove oggi sorge il paese S. Oreste, e ne espone le ragioni negli Annali dell Istituto archeologico germanico (1883). In tale po-
SIzione eminentissima e per natura fortissima, l antica metropoli dominava tutte le sottostanti terre dei Capenati. mentre alle falde del Soratte si stendeva come un appendice della città alta,la città Feronia che portava lo stesso nome di una dea nazionale alcuni molto onorata dagli abitanti circonvicini.
Sub monte autem Soracte Urbs est Feronia, quo nomine et. Dea quaedam nuncupatur, quam fnitimi miro dignatur ho-nore… ).
Sul colle di Civitucola, dunque, non era l’antica Capena;
su quel colle invece sorgeva il tempio della Dea Feronia, come già abbiamo più sopra accennato.Il tempio era circondato dal bosco sacro (Lucus feroniae.
I dintorni del tempio divennero ben presto popolati; dapprima vi si stabilirono dei mercanti indigeni ed esteri, e in seguito una delle Colonie Giulie, la lulia felix lucoferoniensis.
Fu così chela località divenne in breve il capoluogo religioso dei Capenati, mentre a poca distanza, sul Soratte, dominava il capoluogo politico, Capena. Presso Lucus feroniae si celebravano ludi solenni e spettacoli teatrali, di cui i frantumi dei tasti, che,nel tempio di Giove laziale per i confederati Latini, erano scritti sulle pareti del tempio, furono raccolti da G. B. De Rossi che sul posto stesso fece ricerche e studi (1883). La dea Feronia era molto venerata nell’Ttalia centrale, specie dai Sabini, dai Latini, dagli Etruschi e dai Volsci. Alcuni la dissero Dea dei boschi perché il lucus era a lei sacro ed il Calepino fa l’etimologia del nome derivandolo da: à ferendis arboribus Dionisio,
parlando di questo tempio, dice che Feronia è lo stesso che Proserpina ; alcuni la dissero simile a Florigeram e fertis gaudentem. Presso questo tempio, narra Dionisio, si radunavano a negoziare e a trafficare mercanti, artefici, agricoltori delle città vicine « Quod forum ibi esset totius ltaliae splendisissimum » perciò presso il Soratte era la più importante, la più splendida fiera di tutta l’ltalia Feronia fu anche dea delle libertine cioè delle schiave che liberate dai padroni si recavano al tempio della Dea Feronia per ricevere il Pileo che era il capello che presso gli antichi Romani era simbolo di libertà. Li
vio  dice che, per procurare alcuni prodigi in Roma, venne ordinato alle libertine che si recavano a ricevere il Pileo di pagare un contributo per offrire doni al tempio della Dea; e fu cosi che nel tempio si cumularono grandi ricchezze tanto da indurre Annibale, nel ritirarsi da Roma, a saccheggiarlo. Livio narrando il fatto dice: Templum ea tempestate inclitum dioitiis, Capenates aliqui accolae eius erant. Anche Silvio Italico, imitando Livio, cosi si esprime:
Itur in agros,Dives urbi ante omnes colitur Feronia luco,
Et sacer humectat fluvi alia rura Capenas,
Fama est intacla longaevi ab origine Fauni,
Crevisse in medium, congestis undique donis,
Immensum per tempus opes, lustrisque relictum
Innumeris aurum solo servante pudore.
Tito Livio accenna anche al prodigio della comparsa di due lune sul cielo di Feronia avvenuto nel 537 e reputa pure prodigio il fatto che una volta il tempio era percosso da tul-mini:Aedes Feroniae in Capenate de coelo tacla erai. Un’antica via, costruita certamente prima della Flaminia, univa direttamente Veio con lucos Feroniae, passando presso gli odierni paesi di Formello e Sacrofano; attraversava la Flaminia
presso la stazione ad vicesimum lasciando Morlupo sulla destra. Ancora oggi si possono osservare tracce di detta strada e propriamente al sommo della salita che sta lsula Flaminia dopo la stazione ferroviaria di Morlupo e seguendo un sentiero a destra fra campi.